Auto elettriche e l’incremento delle fonti rinnovabili

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Da editor Ottobre 12, 2021 14:00 Aggiornato

Auto elettriche e l’incremento delle fonti rinnovabili

La diffusione delle auto elettriche e l’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili crescono di pari passo.

Questa è l’importante conclusione dell’analisi fatta da Francesco Naso Segretario Generale di Motus-E, associazione degli attori nella catena del valore della mobilità elettrica in Italia.

E l’analisi offre interessanti spunti di riflessione, anche sulle considerazioni fatte dal Ministro per la Transizione Ecologica, Cingolani.

Molti studi hanno dimostrato che la mobilità elettrica è un percorso efficace di decarbonizzazione dei trasporti, anche in quei Paesi in cui il mix di produzione di energia elettrica è dipendente dal carbone, come Polonia, Cina e India. 

Inoltre c’è il grande apporto al miglioramento della qualità dell’aria nei centri urbani che i veicoli elettrici garantiscono, al contrario di quelli che sfruttano altre tipologie di alimentazione.

ICCT

Tra le varie pubblicazioni c’è anche uno studio dell’ICCT (International Council on Clean Transportation), che ha analizzato l’intero ciclo di vita (LCA = Life Cycle Assesement) di tutti i tipi di energie rilevanti.

In Italia il 40% del fabbisogno di energia elettrica è prodotto da fonti rinnovabili (report GME, Gestore Mercati Energetici 2020). Meno del 3% proviene da centrali a carbone, che dovrebbero essere dismesse entro il 2025.

Invece dalle dichiarazioni del Ministro sembra che sia maggiore il peso della produzione da carbone che è quasi irrilevante.

La percentuale di fonti rinnovabili previste nel mix per la produzione di energia elettrica è destinata a crescere in modo significativo.

Questo giustifica ancor di più la transizione verso la mobilità a emissioni zero. Questo sia perché il parco circolante elettrico ha sempre meno impatto sul clima senza necessità di essere sostituito, sia perché aumenta l’efficienza con cui si utilizza energia rinnovabile.

Inoltre i mezzi elettrici sono una naturale fonte di stoccaggio per la produzione discontinua dalle rinnovabili stesse.

La società RSE (Ricerca sul Sistema Energetico) stima infatti in 30 GWh il potenziale di accumulo delle auto circolanti entro il 2030 nei confronti della produzione da impianti rinnovabili.

Quindi la crescita di rinnovabili si accompagna a quella dei veicoli elettrici, cioè non si deve attendere l’una per realizzare l’altra.

Due temi

La discussione pubblica sembra essere confusa su due temi, l’obiettivo degli incentivi e gli scenari del parco circolante fra 10-15 anni.

Gli incentivi inseriti da molti Paesi europei (come Spagna, Francia, Germania) nei propri Recovery Plan per i prossimi quattro anni, hanno l’obiettivo di raggiungere quote di mercato minime relative ai veicoli con emissioni comprese nella fascia 0-60 g/km di CO2.

Nella pratica si tratta di abbassare il prezzo di acquisto per tutti i segmenti, specialmente quelli A e B, che in Italia rappresentano il maggior numero di vendite.

Per gli scenari Motus-E ha preso come riferimento il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima).

Il piano prevede che ci siano 4 milioni di veicoli elettrici puri e 2 milioni di ibridi plug-in nel 2030, che è un contributo fondamentale per ridurre del 40% le emissioni del settore trasporti.

L’obiettivo del piano, datato 2019, è ambizioso.

In Italia, partendo oggi da una quota del 4% di BEV dovremmo raggiungere, nel 2030, il 50% delle immatricolazioni totali.

Attualmente il Ministero di Cingolani sta rivedendo questo programma con nuovi obiettivi. Questi prevedono una riduzione di CO2 del 55% entro il 2030, che implica un aumento del contributo dei veicoli elettrici a batteria. 

Cingolani ha spesso espresso timori di un’accelerazione troppo forte sull’elettrico.

Comunque gli obbiettivi sui quali ragionare sono chiari.

  • Quindi la riduzione del circolante totale nei prossimi 10-15 anni, che può diminuire di almeno 4 milioni di unità;
  • la rottamazione delle vetture Euro 0-4;
  • il sostegno ai veicoli di categoria M e N, cioè per trasporto persone e merci a zero emissioni, fino all’istituzione di quote di mercato minime, per esempio il 15% di BEV;
  • un supporto, nell’arco dei prossimi 15 anni, alla nostra industria automobilistica.

ANFIA

D’altra parte l’ANFIA, l’associazione che rappresenta i componentisti auto, ha avvertito che 70 mila posti di lavoro nel settore sono a rischio, perché l’Italia sta ignorando i grandi cambiamenti del settore trasporti.

E proprio nella componentistica altri paesi come Francia e Germania hanno iniziato a investire nell’elettrificazione della produzione di componenti. 

Elettrificazione e digitalizzazione della mobilità spostano posti di lavoro verso altre competenze, ma alcune dinamiche di cambiamento non sono legate all’elettrificazione dei powertrain.

Infatti l’aumento della capacità produttiva tramite automazione porta a un’inevitabile contrazione dei posti di lavoro.

Fit for 55

Il pacchetto “Fit for 55“, ha l’obiettivo di abbattere, entro il 2030, le emissioni di CO2 del 55% rispetto ai livelli del 1990, fino al raggiungimento della carbon neutrality entro il 2050. Questo offre all’Europa l’opportunità di spingere l’industria del nostro continente ad assumere un ruolo di guida nel settore nei prossimi trent’anni.

Quindi abbiamo 15 anni per agire ed aiutare le nostre imprese. Ciò favorendo fusioni e acquisizioni fra di loro affinché raggiungano la crescita dimensionale e l’acquisizione di know-how necessarie.

Bisogna rafforzare il credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo di prodotto. Questo aumentando gli investimenti sulla formazione delle risorse e supportando la domanda di veicoli puliti prodotti in Italia nei prossimi 3-4 anni.        

Francesco Naso conferma che Motus-E è sempre disponibile a un confronto aperto e costruttivo per supportare il Ministero su qualsiasi aspetto, sia qualitativo che quantitativo.       

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Da editor Ottobre 12, 2021 14:00 Aggiornato
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