Il pacchetto Fit for 55 e le parole di Cingolani
Il pacchetto Fit for 55 contiene 13 proposte legislative sull’energia e sul clima. Queste hanno lo scopo comune di mettere l’Unione Europea in condizione di centrare l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 come previsto dalla Legge Clima.
Alcuni dei provvedimenti sono un aggiornamento della legislazione già esistente, per allinearla con il Green Deal ed i nuovi target.
È il caso della revisione dell’ETS, – Emission trading System – il mercato del carbonio europeo, o delle modifiche alla direttiva sulle energie rinnovabili (RED).
In altri casi, invece, il pacchetto Fit for 55 introduce nuova legislazione. Ad esempio introduce la proposta di tassa sul carbonio alla frontiera (CBAM, Carbon Border Adjustement Mechanis) o la nuova strategia forestale dell’UE.
Nel loro insieme disegnano gran parte del ‘piano esecutivo’ con cui Bruxelles vuole affrontare la transizione ecologica.
La proposta, peraltro, è stata lanciata in mezzo ad un crescendo di catastrofi con centinaia di morti. Dall’ondata di calore nel Nord America (49,6 °C a Lytton, cittadina canadese devastata poi dagli incendi), alle piogge torrenziali che hanno distrutto vaste aree di Germania, Olanda e Belgio.
“La lezione da trarre è che dobbiamo essere molto più rapidi e decisi nella lotta contro i cambiamenti climatici”. Questo è quello che ha affermato la Merkel sui luoghi del disastro. Ha anche aggiunto “quanto investiremo nella difesa del clima costerà molto, ma quello che non faremo ci costerà molto di più”.
Le parole di Cingolani
Ma in casa nostra hanno lasciato sconcerto le posizioni e le dichiarazioni del Ministro Cingolani. Cioè di chi dovrebbe invece guidare la transizione ecologica, limitarne le conseguenze negative e coglierne tutte le opportunità industriali e occupazionali.
In particolare, le reazioni del ministro Cingolani che si riflettono nei titoli dei giornali: “No all’isteria ecologista”, “Green Deal, alt del governo: è una condanna a morte”, “Così la Motor Valley chiude”. Del resto, anche l’ex ministro Alberto Clô arriva a definire le misure “simboliche, frutto del fanatismo ecologista”.
Certamente la proposta che ha fatto più clamore, alimentando le reazioni più accese, riguarda il blocco dal 2035 della vendita delle auto a benzina e diesel.
In realtà, il mondo dell’auto era preparato. Per l’associazione di categoria tedesca VDA “l’industria automobilistica sostiene l’obiettivo della Commissione Europea di rendere l’Europa il primo continente al mondo a essere climaticamente neutrale entro il 2050”
Altre considerazioni
E l’amministratore del gruppo Volkswagen Herbert Diess è netto: “il Green Deal europeo rappresenta un’opportunità! L’elettrificazione verrà accelerata”.
Malgrado il fortissimo ritardo accumulato, la stessa Fiat ha cambiato decisamente strategia.
Certo ci sono le criticità nel comparto della componentistica, che lavora parecchio per l’industria tedesca. Occorre dunque un forte sostegno per accompagnare la sua transizione.
Ma, secondo uno studio commissionato da Confindustria Emilia, la Motor Valley emiliana dovrà cambiare per non morire cioè “Smettiamo di ragionare sul mondo che si chiude e prepariamoci ad entrare in quello che si apre”.
Per quanto del tutto marginali, Cingolani si allarma anche per le produzioni di nicchia delle auto di lusso. In realtà, Lamborghini, di proprietà della tedesca Audi, ha deciso di investire pesantemente sul passaggio all’elettrico e John Elkan ha deciso di anticipare al 2025 l’uscita della Ferrari elettrica.
Curiosa anche l’affermazione del ministro “se anche riuscissimo a trasformare oggi tutto il parco auto a trazione elettrica, non avremmo energia rinnovabile a sufficienza”.
Uno studio ha calcolato che se nel 2030 avessimo 10 milioni di auto elettriche la richiesta sulla rete sarebbe di 19 TWh, cioè solo l’8% della produzione rinnovabile a fine decennio.
E peraltro, anche se magicamente oggi tutte le auto fossero elettriche, esse assorbirebbero solo due terzi dell’attuale produzione verde.
Conclusioni
Più in generale, l’atteggiamento di Cingolani è profondamente sbagliato quando afferma che la transizione ecologica «potrebbe essere un bagno di sangue».
Un ministro della transizione ecologica dovrebbe lavorare proprio per limitare le conseguenze negative e cogliere invece tutte le opportunità in termini di nuove industrie e nuovi occupati.