Euro 7 e il futuro del motore endotermico

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Da editor Ottobre 25, 2021 14:00 Aggiornato

Euro 7 e il futuro del motore endotermico

La nuova norma Euro 7 per le emissioni potrebbe andare in vigore nel 2027.

La normativa era stata inizialmente bocciata da alcuni Stati membri, come la Francia, ma è stata di recente “ammorbidita” così da consentirne un’ applicazione più ampia.

Questo nuovo scenario forse potrebbe posticipare la fine dell’utilizzo del motore a combustione nell’automobile.

A livello della Commissione UE sono in corso le trattative e un’ipotesi sarebbe il 2035, come stop alla vendita di auto endotermiche.

Comunque L’Euro 7 rispetto all’attuale Euro 6 implica un salto importante per i costruttori che decideranno di continuare a produrre anche soluzioni endotermiche.

E’ uno sforzo economico e ingegneristico non da sottovalutare.

Cosa richiede il nuovo Euro 7?

La nuova revisione prevede un aumento, rispetto al progetto originale, a 30 milligrammi per chilometro percorso. Questo quale limite per le emissioni di ossido di azoto per le autovetture e i veicoli leggeri.

La prima proposta richiedeva un valore di 10 milligrammi per chilometro percorso.

Di fatto un valore quasi impossibile da raggiungere per i produttori e che avrebbe portato ad una prematura fine di tutti i propulsori endotermici.

La soluzione aggiornata prevede una parità di trattamento tra diesel e benzina, con una nuova metodologia di calcolo.

L’idea originaria prevedeva che i valori limite riscontrati nelle prove su strada riguardassero tutte le condizioni di guida senza alcun genere di tolleranza, come partenze a freddo o brevi tratti.

Il compromesso richiede un chiaro ciclo di omologazione: un vero e proprio “percorso” con una serie di tolleranze.

Le alternative

Il piano di Bruxelles e la relativa modifica delle specifiche dell’ Euro 7 non cambiano però il traguardo futuro del “Fit for 55”, che sancisce di fatto la dipartita del motore a scoppio.

All’interno del settore sono ormai decine le case automobilistiche che hanno deciso di anticipare la transizione e abbracciare “in anticipo” la mobilità elettrica.

Il problema più grande però riguarda il percorso scelto dall’ Europa e il relativo approccio “imposto”.

Non a caso Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, ha definito la transizione elettrica una “brutale imposizione calata dall’alto”.

Cioè una specie di imposizione della politica, dove di fatto l’ industria automobilistica ha “perso” la sua capacità di farsi sentire.

Toyota, in prima linea con l’ibrido, ha precisato di voler intraprendere strade alternative come, ad esempio, l’Idrogeno.

Toyota non è naturalmente l’unica, le case sono state chiare: serve un approccio che prenda in considerazione più tecnologie.

Al momento per muoversi ci sono benzina, diesel, GPL, metano e tutte le relative varianti elettriche.

E’ necessaria un’ampia scelta anche in futuro.

E un ruolo chiave potrebbero farlo i carburanti sintetici.

Sfrutterebbero le attuali infrastrutture senza chiedere particolari sforzi aggiuntivi, come invece farebbe l’ elettrico con la problematica relativa alle colonnine.

Sono conosciuti anche con il nome di synfuel o e-fuel.

Di fatto sono carburanti ottenuti miscelando l’Idrogeno, magari prodotto con energia rinnovabile, e Anidride Carbonica catturata dall’ambiente.

Di recente, alcuni produttori come Porsche, hanno insistito molto sull’argomento, avviando anche un progetto pilota in Cile in collaborazione con Siemens Energy.

Proprio in Sud America sarà realizzato il primo impianto di produzione su larga scala, ma le tempistiche non sono ancora note.

Anche Bentley e Mazda hanno dichiarato di voler provare i carburanti alternativi e offrire così una “multi soluzione” per la propria gamma di veicoli.

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Da editor Ottobre 25, 2021 14:00 Aggiornato
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