Il rapporto tra Coronavirus e inquinamento
Sono diverse le considerazioni circa il rapporto tra Coronavirus e inquinamento.
L’effetto delle restrizioni sull’inquinamento
Il primo argomento, che attira numerosi commenti, riguarda l’introduzione delle restrizioni alla circolazione ed il loro effetto sull’inquinamento.
Secondo alcuni la concentrazione di inquinanti nell’aria si abbassa Secondo altri analisti, assolutamente no.
C’è poi il particolato, la cui concentrazione in atmosfera giocherebbe un ruolo decisivo e diretto nella terribile diffusione del Covid-19, proprio in aree altamente inquinate d’Italia.
Però è opportuno partire dai dati che gli esperti hanno osservato e analizzato nella realtà.
I dati sono chiari e dicono che con le restrizioni alla circolazione introdotte per combattere la diffusione del Covid-19, l’inquinamento in atmosfera si è decisamente ridotto.
Questo è particolarmente evidente per l’NO2 – Diossido di Azoto, come mostrato chiaramente da immagini satellitari

Il colore rosso indica alte concentrazioni di NO2.
La riduzione riguarda anche il particolato, la cui concentrazione è però molto influenzata dalle condizioni atmosferiche.
Una riduzione della circolazione, in presenza di condizioni di stallo atmosferico, ha effetti marginali.
Questo è chiaramente indicato dai dati dell’ ARPA Lombardia e dell’ ARPA Veneto.
Quindi si conferma che bloccando la circolazione diminuiscono immediatamente le emissioni e le concentrazioni di NO2 – Diossido d’Azoto.
Emissioni di particolato
Allo stesso modo diminuiscono le emissioni di particolato da traffico automobilistico, anche se va considerato il contemporaneo possibile incremento delle emissioni dovute all’utilizzo di riscaldamento domestico ed in particolare all’utilizzo di pellet come combustibile, vista la maggiore presenza di persone in casa.
E’ stato anche osservato che per la concentrazione in atmosfera di particolato, l’influenza delle condizioni meteo è decisiva. Se permangono condizioni di fermo atmosferico, ovvero assenza di vento, il particolato può non diminuire nemmeno in presenza di un abbassamento deciso delle emissioni.
Questo perché il particolato sospeso in aria non precipita al suolo ma rimane in sospensione, conservando la situazione di criticità.
Le considerazioni di SIMA
Relativamente alla diffusione dei virus nella popolazione, SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale), in un suo documento condiviso con le Università di Bologna e di Bari, segnala delle pubblicazioni scientifiche che collegano l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico.
Il particolato atmosferico, secondo le considerazioni degli esperti, funziona da vettore di trasporto per i virus.
I virus sarebbero cioè in grado di attaccarsi con un processo di coagulazione al particolato, riuscendo così a rimanere in atmosfera per lungo tempo, quindi ore, giorni, settimane, ed a viaggiare anche per distanze relativamente lunghe.
Un aumento delle temperature e della radiazione solare sarebbe quindi in grado di “disattivare” il virus, mentre un’umidità relativa elevata favorirebbe un più elevato tasso di contagio virale.
Partendo da queste considerazioni, SIMA evidenzia una relazione tra il superamento dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10 Febbraio-29 Febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 Marzo. Questo considerando un ritardo temporale relativo al periodo 10-29 Febbraio di 14 giorni, tempo medio di incubazione del virus fino all’ identificazione dell’ infezione contratta.
Tale analisi sembra quindi indicare una relazione diretta tra il numero di contagi e l’inquinamento da PM10 dei territori. Ciò peraltro è già avvenuto con altre infezioni virali.
Conclusione
Bisogna però segnalare che la correlazione tra concentrazione di particolato in atmosfera e diffusione del Coronavirus non è al momento scientificamente provata.
Come non è provato l’effetto vettore, fisicamente possibile, ma non dimostrato dalla sola incidenza della malattia, perché il particolato, come il fumo, potrebbe essere una concausa per il suo impatto sulle patologie respiratorie pregresse e non perché ha una funzione di trasporto aereo del virus.
Le ipotesi avanzate dal gruppo di esperti che ha redatto il documento della SIMA rappresentano infatti un punto di partenza, suggestivo e all’apparenza plausibile, per fare delle analisi specifiche sul tema.
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